sabato 13 settembre 2008

Genovapride. Un evento libero che comincia bene.

E' un'occasione per tutti.

(Paolo Hutter - La Repubblica di Genova) Ormai stiamo perdendo il conto di quante sono nel mondo le città nelle quali in un sabato di giugno si tiene una colorata manifestazione di piazza, in genere accompagnata da molta musica, chiamata Gay Pride. Sono ormai parecchie centinaia. In Italia, negli ultimi 15 anni, si sono svolti Gay Pride di carattere più o meno nazionale in molte città. Tra quelle che sono in predicato di diventare città metropolitane mancavano finora solo Firenze (che aveva generosamente lasciato il posto a Grosseto) e, appunto, Genova. E´ possibile nel mondo politico e istituzionale ci sia chi davvero pensa di evitare al capoluogo ligure un evento di questo genere? E per quali ragioni? Se non sono quelle della omofobia classica, pura e semplice, appare però strano che siano quelle dal risvolto paternalistico. «Non è attraverso quel tipo di iniziativa che si possono ottenere rispetto e attenzione - ha scritto, ad esempio, il presidente della Provincia di Genova -, a meno che non si desideri semplicemente porsi sotto i riflettori per qualche giorno, alimentando polemiche e disapprovazione generali».

Conosciamo anche parecchi omosessuali che la pensano così e che non verrebbero a un Gay Pride. Ma qualunque storico o sociologo ormai conviene che ovunque nel mondo il riconoscimento dei diritti e delle identità gay e lesbiche è stato accompagnato e aiutato dallo svolgimento di queste manifestazioni. Carri, musichette, gogo-boys e travestiti – accanto a una maggioranza di gente vestita come va a lavorare tutti i giorni – possono piacere o non piacere.

Ma ciò non toglie che i Pride stanno alla causa dell´emancipazione gay come l´8 marzo a quella femminile e il 1° maggio a quella dei lavoratori. Mostrando una saggezza e una bonomia non scontate, le prime dichiarazioni del Cardinale Bagnasco vanno nella direzione di un atteggiamento pacato e assolutamente non di crociata. Forse risulteranno spiazzanti rispetto a esponenti politici che credono di avere dei vantaggi a esser più clericali del clero.

La Cei, che pure resta un baluardo del tabù omosessuale della Chiesa di Roma, ha forse finalmente capito che contrapporsi ai Gay Pride non è una buona linea di condotta. Non c´è stata nessuna malizia, nessuna volontà provocatoria da parte dell´Arcigay nella scelta della data del 13 giugno. (Ammesso che venga confermata, perché un ampio confronto con tutte le realtà italiane non c´è ancora stato: ma questo è un altro paio di maniche e non ha a che fare con le polemiche genovesi di queste ore.) Semplicemente l´Arcigay non pensava alla processione del Corpus Domini e non andrà di certo a stuzzicarla.

Nella esemplare preparazione del Pride del 2006 a Torino c´erano stata anche una diplomazia religiosa da parte del movimento, e persino un incontro col Cardinale Poletto. Che non aveva impedito successive polemiche, ma questa volta Bagnasco ha il ruolo, il potere per fare di meglio. Dipenderà anche molto dalla capacità di iniziativa degli enti locali. In altre situazioni, e non solo in paesi lontani, il Pride è un´occasione culturale, turistica e persino commerciale. Comunque la si pensi, comunque si viva, è un´occasione per tutti. Vedremo chi la saprà meglio valorizzare.

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